Luigi Cascioli

Ateismo attacca cristianesimo con una denuncia contro la Chiesa Cattolica sostenitrice di un'impostura costruita su falsi documenti, quali la Bibbia ed i Vangeli, e imposta con la violenza dell'inquisizione e il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo e altre superstizioni.

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Lettera agli Ebrei e lettera di Plinio il Giovane

Lettera agli ebrei e lettera di Plinio il Giovane

Tutti, ormai, compresa la Chiesa stessa, riconoscono che la Lettera agli Ebrei non è stata scritta da Paolo di Tarso. L'autore è discusso tra coloro che l'attribuiscono alla scuola alessandrina (Terapeuti) e quelli che sostengono la tesi di Tertulliano secondo la quale a scriverla sarebbe stato un certo Barnaba contemporaneo di Paolo di Tarso.
Eccetto qualche interpolazione apertamente manifesta, anche se è considerato uno dei documenti più antichi perché in essa si fanno allusioni alle cerimonie celebrate nel Tempio di Gerusalemme che sarà distrutto da Tito nel 70, in essa non c'è nessun riferimento a una vita terrestre di Gesù. Il Cristo della Lettera agli Ebrei è un personaggio astratto assimilato a Melchisedec, personaggio della genesi che viene dichiarato “senza padre, senza madre, senza genealogia e che non ha avuto né principio, né fine”.

Il Cristo della Lettera agli Ebrei è un essere soprannaturale e non un uomo che è vissuto sulla terra.
<<La Lettera agli Ebrei, non dice assolutamente nulla dei parenti di Cristo, dei suoi fratelli, dei suoi discepoli, delle sante donne, nulla dei suoi rapporti con il popolo, i farisei, i Romani; Nulla del suo arresto, del suo processo e della sua crocifissione. Il Cristo non è posto in un santuario costruito dagli uomini, ma nel cielo ed ha sostituito il suo sangue a quello degli animali sacrificati. La croce viene nominata soltanto in due inserzioni (6-4/8, 12-162) ma evidentemente aggiunte in un secondo tempo come risulta dalla contraddizione che esse esprimono verso il resto del testo. In definitiva, ispirandosi essa a un Cristo essenzialmente celeste, la lettera agli Ebrei è da considerarsi un documento, come l'Apocalisse, contro ogni storicità della vita di Gesù>> (J.K. Watson - Lettera agli Ebrei - quaderno del Circolo Renan, 4° trim. 1965).

Lettera di Plinio il Giovane all'Imperatore Traiano.
Tra i vari documenti che la Chiesa porta come prova per confutare coloro che sostengono che non esistevano cristiani prima del 150, c'è una lettera che Plinio il Giovane scrisse nel 110, quale procuratore romano in Bitinia, all'Imperatore Traiano per chiedergli come doveva comportarsi verso i seguaci di una certa “superstizione” che venivano chiamati cristiani.
<<È per me dovere, o Signore, rimettere al tuo giudizio tutte le questioni in merito alle quali sono incerto. Chi, infatti, meglio di te può dirigere la mia titubanza o istruire la mia incompetenza? Non ho mai preso parte a istruttorie a carico dei cristiani; pertanto non so fino a che punto si sia solito punirli o inquisirli. Ho anche assai dubitato se si debba tenere conto della loro età; se anche i fanciulli debbano essere trattati come gli uomini nel loro pieno vigore; se si deve concedere grazia in seguito al pentimento, o se a colui che sia comunque cristiano non giovi affatto l'aver cessato di esserlo; se vada punito pur esente da colpe, oppure si deve considerare una colpa l'aver soltanto questo nome.
Nel frattempo, con coloro che mi venivano consegnati quali cristiani, ho seguito questa procedura: se dopo aver chiesto loro se fossero cristiani confessavano di esserlo, li interrogavo una seconda volta e una terza volta minacciandoli di pena capitale. Quelli che perseveravano li ho mandati a morte ritenendo dover essere punita la loro pertinacia e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne furono altri affetti dalla medesima follia, per i quali, poiché erano cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a Roma. Ben presto, poiché si accrebbero le incriminazioni, come avviene al solito trattando tali questioni, mi capitarono dinanzi casi diversi.
Venne messo in circolazione un libretto anonimo che conteneva diversi nomi.

Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli rimettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo scopo avevo fatto portare assieme ad altri simulacri dei numi, e quando imprecavano contro Cristo, cosa che si dice sia impossibile a ottenersi da coloro che sono veramente cristiani. Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo negarono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre anni, chi da molti anni prima, alcuni persino da vent'anni. Anche tutti costoro venerarono la tua immagine e i simulacri degli dei e imprecarono Cristo. Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser solito riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio (quasi deo) e obbligarsi con giuramento a non perpetrare alcun delitto, a non commettere furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non rifiutare la restituzione di deposito, qualora ne fossero stati richiesti. Fatto ciò avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi nuovamente per prendere il cibo, ad ogni modo comune ed innocente, cosa che cessarono di fare dopo il mio editto con il quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito l'esistenza di sodalizi. Per questo ritenni ancor più necessario d'interrogare due ancelle che erano dette ministre, per sapere quale fondo di verità ci fosse, ricorrendo pure alla tortura. Non ho trovato null'altro al di fuori di una superstizione balorda e smodata.

Perciò, rinviata l'istruttoria, mi sono affrettato a chiedere il tuo parere. Mi parve infatti cosa degna di consultazione, soprattutto per il numero di coloro che sono coinvolti in questa minaccia; molte persone di ogni età, ceto sociale e di entrambi i sessi, vengono trascinati, e ancora lo saranno in questo pericolo. Non soltanto la città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase dal contagio di questa superstizione; credo però che possa essere ancora fermata e portata nella normalità>>. (Epistola X, 96, 1-9).
Anche se non ci sarebbe più bisogno di ulteriori commenti per dimostrare che i Cristiani a cui si riferisce Plinio il Giovane erano gli Esseni dei quali parlano Giuseppe Flavio, Filone e i documenti di Qumran (Libro delle Regole), facciamo comunque rimarcare, come ulteriori conferme, i seguenti passi contenuti nella lettera:

1) La presenza di donne negli incarichi religiosi in qualità di ministre che, inammissibile in un ambiente cristiano per l'interdizione alla celebrazione dei culti che la Chiesa ha sempre riservato al sesso femminile, che veniva ancora conservata presso le comunità giudeo-essene per quel rispetto che portavano alle leggi dei loro padri: <<Quando un uomo o una donna farà voto speciale, il voto di nazireato per consacrarsi al Signore, si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti...>>.

2) <<L'espressione secondo la quale costoro pregano il loro Cristo “come se fosse un dio”, non può che riferirsi al Logos di Filone che viene considerato un essere intermediario tra dio e gli uomini, inferiore a Dio, perché creato, ma occupante nella creazione un posto di preminenza che, investendolo di alcuni attributi divini, lo rende un “quasi dio”>>. (Guy Fau. pag. 235).

3) Il nome di cristiani con cui veniva indicata questa setta di balordi e di smodati non se l'erano data loro quali seguaci di Cristo, ma bensì gli era stato attribuito da altri e con un senso dispregiativo come sostiene Ambrogio Donini in “Storia del Cristainesimo” Edt. Teti- pag. 29: <<Il nome di cristiani è nato in un ambiente non palestinese e veniva usato in senso d'ironico disprezzo (gli “unti”, gli “impomatati”) per distinguere gli ebrei della Sinagoga (ortodossi) dai nuovi convertiti, considerati gente strana, dalla lunga capigliatura, un po' come i nostri capelloni>>.

4) <<L'appellativo di cristiani abbinato ad una setta di superstizione, dato da Plinio il Giovane alle comunità della Bitinia, lo troviamo già in Tacito allorché si riferisce alle loro espulsioni avvenute sotto Augusto e sotto Tiberio già molti anni prima della presunta morte di Gesù Cristo.
Non è un gioco di parole il dire che il cristianesimo esistette sotto forma di superstizione giudaico-cristiana prima che Gesù nascesse e la Chiesa facesse proprio questo nome sostituendosi agli esseni>>. (E. Bossi. Gesù Cristo non è mai esistito. Pag. 36).

Un'altra testimonianza storica dimostrante che i cristiani di Madre Chiesa ancora non esistevano nella prima metà del II secolo, ci viene dallo stesso imperatore Adriano, il quale andato ad Alessandria l'anno 131, disse che “il Dio dei cristiani era Serapide e che i devoti di Serapide erano quelli che si dicevano “vescovi dei cristiani”. (Bossi. op.cit. pag.40).
*Vescovo, dal greco “epuscopus” (capo di comunità religiosa), è passato nella gerarchia ecclesiastica cristiana soltanto dopo la sua costituzione, cioè nella seconda metà del II secolo, tanto che il primo vescovo di Roma, riconosciuto dalla storia, è stato Eleuterio di Nicopoli dell'Epiro (175-189).