Luigi Cascioli

Ateismo attacca cristianesimo con una denuncia contro la Chiesa Cattolica sostenitrice di un'impostura costruita su falsi documenti, quali la Bibbia ed i Vangeli, e imposta con la violenza dell'inquisizione e il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo e altre superstizioni.

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Argomenti

Evoluzionismo

Quella che chiamiamo Natura è il complesso delle cose e degli esseri dell'Universo, con le sue leggi non sempre comprensibili ai nostri canoni intellettivi.
Sappiamo che il magnetismo che muove l'universo spinge la natura verso qualche cosa che è in fondo al vicolo dell'eternità.
Dal segmento di strada che siamo riusciti a studiare abbiamo capito che la natura, partendo da un disordine continuo, tende verso un ordine, una stabilità, cioè al cosmo.
Per fare questo il grande spirito (Magnetismo) si è addensato in materia per dare supporto plastico al suo trend. Come dire che esso strafacendo si crea ponti e zattere per portarsi sull'altra riva del tempo.
Autorevoli scienziati ci dicono che il percorso della natura va dalla materia alla psiche, che è la massima possibilità di statica della sopravvivenza. (Bernal).
Secondo Gurdijev il corpo, non solo degli uomini, possiede un'intelligenza propria, che risiede nel cervello, ma è diffusa in tutto il corpo fisico (intelligenza cellulare). Per lo più la psiche risiede in quell'accumulatore di memoria che è al vertice di ogni primate e che si chiama cervello.
Perché questa tensione alla sopravvivenza? Poiché la materia che fa da supporto al sogno dell'Universo è effimera, essa è corta all'assunto, perché dal suo stesso nascere comporta gli enzimi della sua caducità, quella che gli scienziati chiamano entropia, e quindi la morte.
Dunque il segmento di eternità rappresentato dal tempo-materia non è sufficiente a traghettare tutta la spinta del caos verso il cosmo.
La natura perciò addensa continuamente materia e quindi esseri viventi per portare il suo sogno al di là del tempo-spazio. Essa produce a getto continuo esseri viventi come interrogativi posti all'ambiente che li ospita, ma, opponendo all'ambiente molte resistenze, quegli esseri sono obbligati a confrontarsi con esso e quindi o a soccombere o a vincere in questo sforzo.
L'impatto di quelle proposte causali con l'ambiente seleziona per necessità quella più adatta a superare gli ostacoli della sopravvivenza.
Perciò, qualsiasi variante anatomica, richiesta da un dato tipo di mobilità e di adattabilità viene trasmessa per selezione naturale alle generazioni successive, estinzione compresa.
L'estinzione è l'inevitabile sbocco dell'evoluzione e un fattore cruciale nel determinare il corso. Le estinzioni infatti azzerano l'evoluzione e orientano la vita in direzioni diverse. È come un artista che produce infinite prove d'autore senza mai arrivare a un bon-à-tirer.
Gli scienziati concordano: la vita sulla terra ha subito almeno cinque estinzioni di massa e molte altre estinzioni inferiori.

Fu così che la costruzione dell'uomo-molecola del precambriano, oltre 650 milioni di anni fa, che veniva dalla profondità degli oceani con una laurea ad honorem in fotosintesi, consegnò il suo elaborato genetico al trilobita marino del cambriano.
Tra gli anelli della foresta dei coralli fossili ancor oggi si racconta che in cima al tempo la dea della notte, gelosa della figliolanza di Anfitride, si mise a cullare il mare, spingendolo fra i seni della terra. I pesci sconfinarono all'avventura, creduli che quella tiepida, accattivante libertà fosse un regalo del grembo materno.
Fu così che la dea della notte adagiò nudi sulla terra i figli del mare.
Lasciati in secca dalla luna nelle pozze delle maree, le spugne del Devoniano divennero alberi e i pesci divennero anfibi. Le latimerie - fossili viventi trovati di recente al largo del Madacascar, anello di congiunzione tra i pesci e noi- divennero tetrapodi pensando all'uomo.
Il seno della terra era fecondo, ricco di ossigeno e di sole, grazie alla fotosintesi catalizzatrice delle piante. (Uccidere un albero è distruggere un impianto di depurazione naturale sofisticato in miliardi di anni).
Nel triassico dunque la terra era satura di potenziale nutritivo e tutto divenne gigantesco: i serpenti anfibi si deformarono a dinosauri, i crostacei e amtropodi tormentarono il mare e insetti enormi sferzarono il cielo.
Il Jurassic Parc 181-135 milioni di anni fa era al completo: oltre ai dinosauri, zii d'America dell'uomo, i primi veri mammiferi e uccelli si contesero il domino della terra.

“Il mattino del 30 nov.1974 mi svegliai all'alba come sempre quando lavoro durante una campagna di ricerca. Ero in Etiopia, accampato in riva a un fiumicello fangoso di nome Awash in un posto che si chiama Hadar a 150 Km. a NE tra Addis Abeba e Gibuti. Un'idea fissa nella mente: trovare tracce dei nostri antenati vissuti al di là della preistoria”.
Così leggiamo nel diario del paleontologo californiano Don Johanson. Quel giorno Don Johanson e il suo amico Tom Grey si appiedarono per lungo tratto nel deserto Dancalo, nel quale già numerosissime tracce narravano il quotidiano dei nostri lontanissimi progenitori perduti alla memoria perfino di se stessi.
All'improvviso, frugando con lo sguardo fra le antiche rughe del deserto, i due si trovarono davanti a un miracolo da sballo.
Lì, in Etiopia, a Koobi Fora, nella valle degli ominidi, proprio presso Hadar, nel deserto Dancalo, LUCY, la regina del tempo, ancora giovane, alta la metà di Teresa di Calcutta, era distesa su un letto d'argilla e di tufo. Il suo fisico testimoniava un incedere eretto e i suoi occhi scrutavano il futuro da molto prima che Dio fosse stato creato.
Erano Quasi quattro milioni di anni che Lucy, la regina del tempo, attendeva i suoi nipoti, perché la profezia della morte la riconsegnasse alla memoria e, con lei, riconsegnasse alla memoria di se stessa l'umanità intera.
Dal giaciglio del tempo Lucy parla al cuore e allo stupore dell'eterno viandante. La sua voce si fa gesto e ne addita il suo antenato Rama, un ominide alto meno di un pony, villoso e camuso, vissuto nel corno d'Africa otto milioni di anni da noi.
Poi il suo racconto, essenziale come una piramide, si inoltra nella notte dei tempi, sulla gremagliera sdentata delle ere.
“Da questa terra il mio avo Lotha, milioni di anni prima di Rama si alzò in piedi e intraprese quel lungo cammino che cominciava qui e dovunque sul pianeta.
Innumerevoli estinzioni caddero lungo il tragitto e l'andare è eterno come la sopravvivenza. Alle foci del Nilo piegò verso la casa lontana dell'Aurora, dove ancor oggi dorme, l'uomo di Lao-tian. Poi il suo cammino si volse al giaciglio del Sole, dietro i dossi di Atlantide. Ma un dio lo fermò: Il Sole che passa la notte coi morti - gli disse - è quello dell'aurora di domani; aspettalo agli ormeggi del cielo.
Nelle fauci dell'Etruria trovaste la casa dell'oreopiteco: l'uomo di Grosseto oggi compie 12 milioni di anni. Nell'alfabeto delle nostre ossa c'è la storia del mare, del cielo e della terra”:
Poi, come in un fotogramma fisso, tacque; lo sguardo perduto in un felspato di Solnhofen, su cui era incisa una lunga, incomprensibile parola: PRECAORSIDECARPETRIGIUCREPANE.
Gli uomini di Kobbi Fora, recedendo dal tronco della regina del tempo, ne segnarono il cranio col numero 1470.
La scienza trapunge coi numeri le sue conquiste, cosciente che i numeri sono infiniti.

È indispensabile che noi conosciamo questa storia, la nostra storia, quella dell'evoluzione, che va dal plancton all'umano, dalla materia allo spirito, da Pasife al carro del Sole. Essa è sotto i nostri occhi e dentro di noi in ogni istante, ma come speso avviene, accecato da idiote ideologie apodittiche e terrorizzato da dirottatori della storia, l'uomo, teschio vanitoso, si nega l'ultima possibilità di capire se stesso e dunque di avere un giudizio di prospettiva completo e un comportamento aderente alla realtà.
Sono certo che un giorno la coscienza e il raziocinio arriveranno a separare l'immaginario e il magico dall'istinto delle cose, distruggeranno il mito e la sua parte menzognera, ne esalteranno la poesia.
Dunque dall'ameba del Precambriano all'homo sapiens, all'astronauta di oggi che si aggira per l'universo come Telemaco sulle orme di Ulisse, la vita della materia-uomo non è che l'ultimo capitolo della storia della sopravvivenza e dell'evoluzione che ci arriva dalle profondità spaventose dell'Universo.
Come l'emigrante di un tempo si presentava all'imbarco con la sua valigia di cartone e il cuore pieno d'incognite, solo fra mille, così miliardi di volte al giorno lo spermatozoo si presenta al molo di tinca con nello zaino le credenziali dell'universo come il più avanzato, ma non definitivo prodotto di quel destino di cui egli è soltanto un occasionale tassista notturno.
“Ogni individuo vivente di ciascuna specie -dice Herbert Spenser - non è nulla di più che un involucro protettivo contenente i semi della riproduzione. Una gallina è un mezzo per un uovo per ottenere un altro uovo fino a quando un crepaccio dell'evoluzione ne devierà la struttura e il nome”.
Ciò dimostra che in natura non c'è teologia: solo l'istinto di sopravvivenza lancia nel tempo e nello spazio gl'interrogativi della vita.
Monod e Jacob affermano che l'evoluzione delle forme viventi è un incessante lavorio di bricolage cellulare.
E contro il predeterminismo confessionale l'ironia di Voltaire fa dire al dottor Pangloss nel suo “Candido”: <<Ogni cosa è stata fatta per uno scopo: I nasi per portare gli occhiali, ecco perché portiamo gli occhiali>>.
Con Pangloss le Scritture affermano che gli animali sono stati creati per servire all'uomo!
E i dinosauri?
I maligni dicono che il Padreterno, rosso di vergogna, bofonchiando <<Porco Giove>> abbia preso una meteora e l'abbia scaraventata sui dinosauri facendoli scomparire dalla faccia della terra insieme ad un'infinità di malcapitati conviventi.
W. Benjamin affermava: “Articolare storicamente il passato significa afferrare un frammento di memoria nel suo fugace risplendere in un momento di pericolo”:
Tenendo dunque per corazza la legge della sopravvivenza e dell'evoluzione in ogni direzione ripercorreremo a volo d'aquila l'ultimo segmento di questa eternità, quello che ci sta più vicino e a cui apparteniamo come esseri umani.
Siamo nell'ultimo scorso del Neogene, da 24 a 0 milioni di anni fa, quello che va sotto il nome di Pleistocene. “Allora gli antenati dell'uomo erano scimmie antropomorfe o semplicemente scimmie. È pusillanime e disonesto che un ricercatore illuminato dica altrimenti”. (G. Simpson).
In quella grande fioritura di scimmie antropomorfe del miocene noi siamo dei sopravvissuti.
Quando morì l'orango N° 760, proveniente dal Borneo, Carper, naturalista olandese (1722- 89), studiandone il cadavere e lo scheletro trovò ben 354 caratteri anatomici simili a quelli dell'uomo.

Solo nel 1733 Linneo, nel Systema Naturae, con ottimismo razionalistica, classificava l'uomo nel regno animale col nome di Homo Sapiens e lo studiò con gli stessi metodi usati dagli zoologi.
Nell'agosto del 1856 la scoperta di un altro paleontropo costrinse il mondo scientifico ad accettare e classificare gli uomini primitivi antidiluviani e a rigettare il dettato biblico della creazione come falso e fuorviante.
Darwin, con l'occhio fisso all'evoluzione verticale, non si era accorto di quella orizzontale e/o parallela.
La terra infatti nel Medio Pleistocene ospitava i gigantopoteci, che durante lo sviluppo dei mammiferi vivevano in compagnia dell'Erectus e di altri antropomorfi e specie affini: quelle sembianze che oggi riappaiono nelle fiabe e nel folclore di tutti i popoli come giganti, orchi, nani, fate, silfidi, folletti e fauni: memoria di un mondo popolato di esseri proteiformi, dai poteri spesso magici.
Dal Driopiteco africano ed europeo, al Rama indoeuropeo, all'ominide, all'Australopiteco del Pliocene, genitore dell'Homo robustus, sul filo di lana tutti concorsero alla nascita dell'Homo Habilis di 2 milioni di anni fa. A loro seguì l'erectus padre del Sapiens.
La necessità di avvistare la preda da posizioni di vedetta per una difesa teleologica e/o quella di tenere gli arti anteriori liberi dal contatto con la terra per maneggiare meglio gli strumenti e i cibi e/o la libido di una tecnica sessuale più mirata (accoppiamento frontale - Lovejoy), spinsero l'Erectus e il Sapiens padre e figlio ad alzarsi per la prima volta in piedi.
Alla luce della legge della sopravvivenza la svolta evoluzionistica del Sapiens fu operata per scrutare meglio e da più lontano il suo futuro, perché dal punto di vista della pura efficienza - dicono gli studiosi - la locomozione bipede è un modo assurdo per procedere.
La laringe dell'Homo Erectus si apre al linguaggio e il grugnito del piteco diventerà nei millenni il canto del Sapiens Sapiens, di Callas e Pavarotti.

Verso la fine del pleistocene, 150.000 anni fa, visse l'uomo di Neander. Brachicefalo, cannibale, alto poco più di un metro, vestito di pelli. Aveva il culto dei morti e dell'orso suo compagno di caverna. Egli - affermano gli scienziati - scomparve come un binario interrato nella storia dell'evoluzione umana, ridotto dal sopravvivente dolicocefalo Cro-magnon, per ragioni di caccia e di sopravvivenza, a morire tra i crepacci e gli abissi della terra e quarta glaciazione.
I superstiti, seguendo i frattali del disgelo dietro le mandrie di renne della tundra, si diffusero in Eurasia e, piegando a sud, nel Transvaal si mescolarono con gli uomini di Boskop. Giunsero fino in Africa, dove incrociarono, in risalita, i nipoti del Sapiens.
40.000 anni fa i paleosiberiani passarono Bering e 10.000 anni fa erano sulla punta sud del continente americano.

26.000 anni or sono l'uomo di Lau-Tian scende dagli alberi, esce dalla giungla, passa per le steppe dell'Asia e giunge in Sumeria, bassa Mesopotamia, dove scopre il mistero della vita nei solchi della terra. Da un modo di pensare tipologico formula un pensiero di gruppo, sviluppa la sua intelligenza individuale e arriva ai metodi di lavoro e crea.
Istinto e intuito erano la guida dei paleolitici, nipoti del Sapiens, che gli aveva lasciato in eredità la coscienza del tempo e dello spazio.
Essi erano un tutt'uno con la natura e il suo spirito. Catturati dai microclimi, avevano cominciato a differenziarsi in ecotipi: l'ecotipo risponde all'ambiente avaro o generoso con la ferocia o la serenità.

Il loro corpo e il loro gesto erano nel tempo diventati parola e quindi cultura e la cultura fece dell'ecotipo un'etnia, che, alla bisogna, si rivelò più forte delle invasioni.
Dal nome della località della Francia Occitana, dove fu scoperto, lo scienziato Paul Broca chiamò quel paleolitico dolicocefalo CRO-MAGNON.
Al contrario dei Neanderthal, i cui brachicefali nepoti si accoppiano contro natura nei pornisteri delle chiese e latrano contro gli evasori della loro fiscalità giudaica, i paleolitici non temevano la morte e i loro riti erano mito e magia della vita nelle forme della sua rinascente eternità.
La morte, come presso certe popolazioni primitive di oggi, non era per loro che una fase del ciclo della vita, senza Dei incubi e sciaguranti come quelli che tormentano le coscienze dei romei di tutte le mecche della storia dell'intolleranza, da Babele a Roma, fino all'aldilà di tutte le estasi kamikaze.
I paleolitici invasero la terra e svilupparono il gusto estetico per rappresentare graficamente i simboli magici delle loro credenze.

Dall'8000 al 4000 visse il neolitico che coltivò le pianure dell'Indo, a est di Eden e di Sumeria fino alle rive del mare orizzonte.
Dalle verdi fertilità gli uomini guardarono al sole, ne seguirono i raggi di fuoco e videro che essi entravano nei frutti della terra. Ne assaporarono e dissero: <<Il Sole è buono e forte>>.
Sui dossi e colli della luce di Stonehenge e di Babilonia gli uomini posero i binari al Sole. Segnarono le sue strade, i suoi Menhir, costeggiandoli di pietrefitte, perché egli, sorgendo dalla casa dell'Aurora, non uscisse dalla loro preghiera che dalle steppe dell'Asia lo seguiva fino a ridursi in fiocchi nelle solitudini del tramonto.
A Babilonia nacque la civiltà eneolitica del rame e colacolitica che nel 3000 avanti l'era volgare raggiunse l'Egitto e verso il 2000 l'Europa.
L'uomo eneolitico ideò il calendario e il sistema decimale (Egitto) e l'astronomia (Babilonia).
Nel Nord dell'Europa i biondi Celti, la cui religione conservava la freschezza della magia dei mesoliti con le loro divinità personificanti le forze della Natura e protettori degli animali e i loro Druidi officianti sulle rive dei fiumi, dove era la casa della Madre Terra, scesero al Sud e portarono il ferro e, verso il 500 av. era volgare, la cultura della loro dea Latene.
Latene in Europa, Dario soggioga l'Asia occidentale. Erodoto in Grecia fonda la storia, Ippocrate la medicina, Socrate la saggezza, Aristotele cibernitizza lo scibile umano.
Fu allora che il pensiero lasciò la via naturale della vita gioiosa e fiduciosa nella bontà delle cose, iniziata dai paleolitici e dai Celti e intraprese la strada delle culture.
Nel folklore di tutti i popoli europei rimane la storia dei vinti mesolitici e dei Celti (T. de Chardin).
Col popolo romano si fusero i pelasgi, i liguri e gli etruschi; con i megalitici dolicocefali si fusero i Dinarici, gli Alpini e i Nordici.
I Romani sparsero il loro seme in Africa, in Medio Oriente e nell'Europa dell'Est. I barbari rimescoleranno tutte le razze.
Il Neolitico affermò la razza mediterranea, il ferro armò i Nordici (i Vichinghi che giunsero fino in America). Sulla terra di oggi ogni volto è un filo che ci lega ad una diversa pellicola di coscienza. Non vi sono prove scientifiche dell'esistenza delle così dette razze pure, poiché l'ibridazione umana è in corso da secoli.
La “razza” è solo una varietà dell'homo sapiens. Il concetto di razza è un errore scientifico. Il razzismo religioso poi, che è il peggiore di tutti, crocifigge alla terra ideologie disumane.
TUTTI GLI UOMINI SONO SIMILI PERCHÉ EREDI DEL PATRIMONIO GENETICO DI TUTTA L'UMANITÀ'.

La parola misteriosa incisa sullo scisto di Solnhofen non è la formula magica di uno scongiuro sciamanico per esorcizzare un malanno dal corpo di un invasato. Se mai lo fosse, essa dovrebbe servire a scacciare un demonio ben più pericoloso e potente di tutti i demoni pagani e divini che dalla preistoria impazzano per le vie del mondo, ora paludati in lamé, inscenando sulfurei riti o brandendo melense minacce d'intolleranza, ora con Kafia e turbante Kaeda, cavalcano procelle musulmane come profeti di sale, stretti dalla parte fanatica di un kalashnicov.
Quel Leviatano che risucchia da dentro come un cancro l'umanità e che fa della storia un deserto intriso di sangue è l'analfabetismo della spirito o, come lo maledicono le sue innumerevoli vittime: L'IGNORANZA, figlia e madre deforme della PAURA.
Quella parola misteriosa non è altro che un espediente mnemonico formato dalle prime sillabe dei nomi delle ere, che ci hanno preceduto e che, messe in ordine cronologico, ci aprono l'album di famiglia per mostrarci le foto tridimensionali delle nostre origini e darci la consapevolezza di quello che siamo e dove andiamo.
Nessuna bieca e fuorviante teologia, nessuna cruenta ideologia riuscirà a cancellare dal nostro DNA la memoria biologica del lungo, interminabile travaglio che il genere umano ha attraversato per approdare alla delusione che ci tormenta.
Solo la coscienza del nostro passato più remoto può aiutarci a riscoprire le lontane coordinate da cui procediamo e ridare una dimensione meno rovinosa al nostro io.

È compito dell'antropologia di portare l'uomo a riconoscere i suoi limiti e indurlo a guardare con coraggio la sua storia fatta di crogioli e di scorie.
Ogni antropologo sa che sotto quelle sembianze scimmiesche, non sempre gradevoli alla nostra pruderia estetica, c'è un uomo che porta sul collo il giogo della sua tragica dignità e a spalla il suo medagliere fatto di stracci, di malattie, di ferite e di cicatrici e non sa dove andare, né che fare se non accendere il suo cuore come braciere di fiamme per scaldare con l'amore e la solidarietà, la conoscenza e il raziocinio questo freddo segmento di eternità che le stelle ci irridono.
Ancora una volta la voce degli artisti, che per i sentieri di Ulisse e di Enea percorrono i territori delle origini e sanno coordinare le intuizioni fino verso il mistero, ci può donare l'energia che ci spinge a surclassare la delusione di essere uomini.

Un Merisi che con disperata dignità toglieva il cerone clericale della venerazione dalle facce dei suoi santi e prestava il volto delle prostitute alle sue Madonne, proferiva la sua veggenza: “NESSUNA SPERANZA, NESSUNA PAURA!”
Così Caravaggio.

“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole
ed è subito sera”.
Così Quasimodo.

“ ....e nel cuore liso/ l'ansia di scegliere/ sull'ora che scorre/ al bivio di sempre/ speranze di storia.”
Così l'autore.

Giulio Tamburrini


L'ASSURDITA' DELLA CREAZIONE

“... e Dio creò dal nulla tutte le cose”.
Risposta di un ateo a un credente che sostiene la “creazione”.

“Assioma fondamentale n° 1 del credente: <<L'universo ha avuto un principio, prima c'era (?) il nulla>>. (Per te “essere” ha un altro significato oltre quello di esistere?).
“Assioma n° 2: <<Dio essendo increato è sempre esistito>>.
Osservazione: Ma allora, anche il nulla, dal momento che sempre esistito, come tu affermi, non può essere stato creato. E se questo nulla esisteva prima della creazione, come si esprimeva? Cosa era? Quale forma aveva? E poi cos'altro potrebbe significare la presenza di un qualcosa nel nulla se non che il nulla non è più nulla, almeno che questo qualcosa, come il tuo Dio che c'era dentro, non sia anch'essa un nulla? Dunque, se hai ben capito, due sono le cose: o Dio era un nulla nel nulla oppure il nulla non è mai esistito.
Assioma n° 3: In un momento determinato dell'eternità già passata (se affermi che c'era il tempo prima della creazione come puoi sostenere che ci fosse il nulla?), Dio sentì il bisogno di creare l'universo.
Come può essere che Dio, questo nulla nel nulla, possa essere stato preso da un bisogno urgente come qualsiasi volgare essere vivente, quale quello di fare la pipì oppure defecare, in questo caso l'universo? Tutto questo non rappresenta una contraddizione con l'affermazione che vuole Dio un essere perfetto? Come è possibile che un'entità a cui non manca nulla e quindi completa di tutto (altrimenti non sarebbe perfetta), possa avere bisogno di qualche cosa?

Assioma n° 4): Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza.
Come puoi affermare che sia stato Dio a creare l'uomo a sua immagine e somiglianza quando con i suoi bisogni appare lampante che sia stato l'uomo a crearlo uguale a se stesso riportando in lui tutti i propri difetti e le proprie contraddizioni di essere imperfetto? Basta leggere il tuo libro, la Bibbia, scritta soltanto qualche secolo prima della nostra era, per renderci conto quanto il tuo Dio, quel nulla nel nulla che tu hai deificato dichiarandolo perfetto, con la sua natura irascibile, vendicativa, razzista e ottusa sia un prodotto degli uomini, una costruzione della specie umana di cui tu, come credente, ne rappresenti la parte peggiore.
Cosa credi di ottenere citando Kant? Su, coraggio, tira fuori la tua scienza e tutti quei libri che, dimostrando che la malattia più grande dell'uomo è quella di credere che bisogna dare un principio a tutte le cose, invece di difenderlo invalidano il tuo credo.
“Se c'è un inizio c'è un evento e se c'è un evento ci deve essere una causa...” è il ritornello che ci hanno cantato gli scolastici, Platone e Aristotele per decine di secoli girando a vuoto con ragionamenti da malati mentali per inventarsi alla fine un ESSERE perfetto senza causa e senza creazione.
Noi non siamo perfetti, e la vera infermità di cui noi soffriamo è quella che non potremo mai comprendere l'infinito nel quale vive il nostro microscopico universo... ma certe cose non si possono spiegare a gente intellettualmente debole come te!

Estratto da un intervento sulla “Tribuna di discussioni” www.anti-religions.org firmato Yohanan.