Luigi Cascioli

Ateismo attacca cristianesimo con una denuncia contro la Chiesa Cattolica sostenitrice di un'impostura costruita su falsi documenti, quali la Bibbia ed i Vangeli, e imposta con la violenza dell'inquisizione e il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo e altre superstizioni.

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Gli apostoli di Gesù

Gli Apostoli

Gli apostoli di Gesù, dichiarati dalla Chiesa tutti galilei eccetto Giuda Iscariote che lo fa provenire dalla Giudea, sono:

Secondo Marco: Simone Pietro, Giacomo di Zebedeo, Giovanni fratello di Giacomo, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il cananeo, Giuda Iscariota (12).

Secondo Matteo: Simone Pietro, Giacomo di Zebedeo, Giovanni fratello di Giacomo, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il cananeo, Giuda iscariota (12).

Secondo Luca: Simone Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Giuda di Giacomo, Simone lo zelota, Giuda Iscariote (12).

Secondo gli Atti degli Apostoli: Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo zelota, e Giuda di Giacomo. (11).

Le differenze esistenti nelle liste degli apostoli sopra riportate ci portano subito a fare due osservazioni, una di carattere religioso e l'altra di carattere storico.

1) L'osservazione di carattere religioso riguarda l'evidente incoerenza che c'è tra le parole di Gesù che elegge 12 apostoli perché 12 sono i troni destinati nei cieli: "E Gesù disse loro: <<In verità (!?!) vi dico: voi che mi avete seguito, nella nova creazione, quando il figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, sederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele>>" (Mt. 19-28) e la realtà dei fatti che vede ridursi il numero degli apostoli a undici. (A ciascuno il proprio commento).

2) La seconda, di carattere storico, si riferisce alla differenza dei nomi riportati dai vangeli di Marco e Matteo che nominano un Taddeo ignorato dal vangelo di Luca e dagli Atti degli Apostoli i quali al suo posto mettono un Giuda di Giacomo che è ignorato dai primi due.

Perché questa differenza se tutti e tre i redattori dovevano essere a perfetta conoscenza degli apostoli dal momento che, stando a quanto sostiene la Chiesa, Matteo fu lui stesso un apostolo, Marco un collaboratore di Paolo di Tarso (At. 12,25; 1,5; 2Tim. 4,11) e di Simone Pietro (2Pt 5/13; At, 12, 12-7), e Luca eseguì, come lui stesso afferma ( Lc.1,2-3), la stesura del vangelo e degli Atti con un'accurata indagine prendendo informazioni direttamente dagli stessi testimoni dei fatti tra i quali la stessa Maria, madre di Gesù, che secondo la Chiesa, egli avrebbe personalmente conosciuto? (La Sacra Bibbia - UECI- pag. 1025).

La sorpresa che ci viene da questa discordanza di nomi che riscontriamo tra i vangeli di Marco e Matteo e il vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli, diviene addirittura strabiliante quando rimarchiamo che nel quarto vangelo, quello di Giovanni, le differenze degli apostoli in rapporto agli altri, si accentuano sia nel numero, che non è più di 12 ma bensì di 9, e sia nei nomi risultando non solo mancanti Giacomo di Alfeo, Giuda fratello di Giacomo o Taddeo, Bartolomeo, Matteo e Simone lo zelota, ma trovandone addirittura dei nuovi dagli altri mai prima nominati, quali Natanaele di Cana e un discepolo anonimo qualificato come il "prediletto?".

Vangelo di Giovanni: Simone detto Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Filippo, Tommaso, Giuda Iscariota, Natanaele di Cana e il discepolo prediletto. (9). ( Ho messo in corsivo Giacomo e Giovanni perché questi due, mancanti nella prima edizione di Giovanni, composta di XX libri, vengono nominati soltanto nell'ultimo capitolo, il XXI, il quale fu aggiunto in seguito, si presume 70- 80 anni dopo, allorché i falsari ritennero necessario apportare attraverso di esso dei complementi che riparassero le carenze e le imperfezioni contenute nella prima redazione uscita intorno agli anni 180-190 del secondo secolo.

Che la prima edizione del quarto vangelo, cioè quello di Giovanni, sia uscita alla fine del II secolo lo riconosce la stessa Chiesa: "Il più antico manoscritto che si riferisce a questo vangelo è del 150, al massimo del 200". (La Sacra Bibbia - UECI- pag. 1058).

Considerando che i quattro vangeli furono scritti, stando a quanto afferma la Chiesa, da apostoli presenti ai fatti da loro stessi riportati, quali Matteo e Giovanni apostoli, e da redattori che avevano contattato per lungo tempo gli stessi testimoni oculari, quali Marco e Luca che erano stati discepoli di Simone Pietro, se non addirittura la stessa Maria madre di Gesù, come nel caso di Luca, questa discordanza di nomi ci reca la stessa sorpresa che se dei giocatori di calcio, dopo aver fatto insieme più campionati nella stessa squadra, ci dessero dei nominativi discordanti sul numero e sui nomi dei loro compagni. Il minimo che si possa pensare è che sotto si nasconda qualche cosa di ambiguo e di disonesto che costringe chiunque ama la verità a fare un'inchiesta tutta personale, dal momento che a chiederne spiegazione ai preti (gli specializzati dei vangeli), non si hanno che risposte confuse, stolte, se non addirittura offensive all'intelligenza umana.

La prima cosa che ci ha spinti ad approfondire le ricerche è stato lo scoprire attraverso documentazioni estratestamentarie che nello stesso tempo in cui avvenivano i fatti riportati dai vangeli, esisteva in Palestina, e più precisamente in Galilea, una squadra di rivoluzionari composta dai figli di un certo Giuda il Galileo che mostra delle forti analogie con quella evangelica di Gesù e dei suoi apostoli.

Ma prima di passare al diretto confronto dei singoli componenti le due squadre è opportuno spiegare, anche se in breve, chi fosse questo Giuda il Galileo.

Giuda il Galileo, figlio del Rabbi Ezechia ucciso nel -44 in uno scontro armato contro le truppe di Erode il Grande, era il pretendente al trono di Gerusalemme quale discendente diretto della stirpe degli Asmonei fondata da Simone, figlio di quel Mattatia il Maccabeo che nel II secolo av. Cr. si era messo a capo di un Movimento Rivoluzionario Giudaico per la liberazione della Palestina dall'invasione degli Ellenisti. Preso il posto del Padre, quale Asmoneo discendente diretto della stirpe di David, dopo aver sostenuto diverse battaglie contro i romani e contro Erode il Grande, Giuda morì nella guerra del Censimento (+6), lasciando sette figli i quali, preso il posto del padre, continuarono la lotta di rivendicazione dinastica al trono di Gerusalemme.

I figli di Giuda furono: Giovanni primogenito, Simone, Giacomo il maggiore, Giuda (non l'iscariota), Giacomo il minore, Menahem ed Eleazaro. Questi due ultimi, anche se non risulta che facessero parte della squadra rivoluzionaria, continuarono comunque, dopo la morte dei fratelli, nella rivendicazione al trono di Gerusalemme combattendo nelle successive guerre contro i romani, quali quella del 66-70 (Guerra Giudaica), nella quale perì Menahem, e quella del 74 (Masada), nella quale morì Eleazaro.

La prima analogia che riscontriamo tra la squadra dei rivoluzionari e quella degli apostoli è che i componenti di entrambe sono fra di loro fratelli ed hanno gli stessi nomi. È una pura combinazione o sono veramente le stesse persone? È questo che cercheremo di scoprire attraverso un' inchiesta storica che a fine di chiarezza faremo precede da una spiegazione che, benché rapida e generica, aiuterà a comprendere lo svolgimento delle nostre analisi.

"I 4 vangeli canonici e la maggior parte dei 14 libri degli Atti degli Apostoli, per essere esatti 10, che videro la luce nelle loro prime edizioni a partire dalla seconda metà del secondo secolo (155-160), praticamente si trovano a metà strada tra una documentazione che li precedette sotto forma di scritti (Vangeli, Detti, Lettere e Atti), redatti per lo più in greco, che la Chiesa ha dichiarato apocrifi, cioè falsi, e le ultime edizioni degli stessi che uscirono, dopo innumerevoli correzioni e falsificazioni, nel V e nel VI secolo. Che i vangeli usciti nel V e nel VI secolo nelle loro edizioni definitive, che "grosso modo" sono quelli attuali, siano differenti dai vangeli del II secolo ci viene dimostrato dagli stessi dottori della Chiesa, quale Eusebio di Cesarea, autore della celeberrima Historia Ecclesiastica, morto nel 340, e Ireneo vescovo di Lione, vissuto a cavallo tra il II e III secolo, i quali riportano nei loro libri numerose affermazioni che sono in netto contrasto con quelle che vengono sostenute dai vangeli definitivi, cioè quelli usciti 150-200 anni dopo la loro morte, come la verginità della Madonna che, da essi negata, viene invece sostenuta, anche se in forma non ancora dogmatica, nelle edizioni del V e VI secolo. Senza parlare poi di Tertulliano, apologista cristiano del II secolo, che nega la nascita terrestre di Gesù, come d'altronde era sostenuto in tutte le prime edizioni dei quattro vangeli canonici, che troviamo invece confermata nel V e VI secolo nei vangeli di Matteo e di Luca. Se gli altri due vangeli, quello di Marco e di Giovanni, non la riportano è perché essi furono lasciati come inizialmente erano stati redatti, cioè secondo quei principi teologici che nella seconda metà del II secolo sostenevano che Gesù si era presentato agli uomini non come uomo ma sotto forma di rivelazione (S. Paolo - Gnosi). (Leggere La Favola di Cristo).

Ritornando sul discorso riguardante le analogie tra le due squadre, dopo aver visto che i nomi della squadra dei figli di Giuda il Gallileo, fatta eccezione per Menahem ed Eleazaro, sono gli stessi di quelli della squadra degli apostoli, quello che scopriamo ancora è che anche i componenti della squadra degli Apostoli erano fratelli fra loro.

A levarci da ogni dubbio sulla fratellenza degli apostoli, oltre che i documenti apocrifi, sono gli stessi vangeli canonici:

"Giunsero sua madre e i suoi fratelli, e stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e dissero a Gesù: <<Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle che sono fuori e ti cercano>>". (Mc.3 ; 31-32).

<<Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui con noi?>>. (Mc. 4 -3), (Mt. XII-35).

<<Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui>>. (At. 1; 14).

<<Poi Gesù comparve a Giacomo, uno dei così detto fratelli del Salvatore>>. (Eusebio da Cesarea- Hst. eccl. I, pp. 12, 5).

<<Giacomo, fratello del Signore, succedette all'amministrazione della Chiesa insieme agli altri apostoli>>. (Eus. da Ces. Hst. Eccl. II, 23, 4).

<<Della famiglia del Signore rimanevano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello suo secondo la carne, i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di David>>. (Eus.da Ces. III, 20, 1).

Di fronte a queste affermazioni date dagli evangelisti Marco e Matteo e dagli Atti Degli Apostoli e confermate da Eusebio di Cesarea, cosa risponde la Chiesa per sostenere la verginità della madre di Cristo? Ebbene, essa risolve tutto dichiarando che i discepoli non erano in realtà fratelli di Gesù ma suoi cugini perché figli di un'altra Maria, sorella della madre di Gesù, la quale si era unita a Giuseppe in un precedente matrimonio.

Questa tesi che potrebbe essere anche accettata a prima vista per l'ambivalenza della parola fratello che in ebraico può significare in alcuni casi anche cugino, è da escludersi nella maniera più categorica per due motivi: primo, perché nei vangeli scritti in greco c'è la parola "adelfos", cioè fratello, la quale non ha nulla a che vedere con il significato di cugino, secondo, perché il personaggio di questa ipotetica sorella della madre di Gesù, come risulterà in seguito nel capitolo riguardante le tre Marie, non è mai esistito.

Confermata così la fratellanza tra Gesù e Giacomo detto il maggiore, Giacomo detto il minore, Simone e Giuda, passiamo ora ad esaminare attraverso i documenti che precedettero i vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli, cioè i documenti respinti dalla Chiesa perché ritenuti apocrifi, chi sono in realtà questi fratelli-discepoli di Cristo preparandoci a dei risultati che saranno a dir poco strabilianti.

Ma prima di passare ai discepoli, perché si possa fare un coscienzioso rapporto tra le due squadre, cerchiamo di conoscere questi figli di Giuda il Galileo prendendoli uno per uno secondo come ci vengono presentati dagli storici dell'epoca.

Giuda lasciò sette figli maschi. Delle femmine non si sa se fossero due o tre per la mancanza di documenti confematori.

I figli di Giuda furono: Giovanni primogenito detto il nazireo, Simone, Giacomo il maggiore, Giuda (non l'iscariota), Giacomo il minore, Menahem ed Eleazaro.

Lasciando per ultimo Giovanni, al quale riserviamo un'analisi particolarmente dettagliata essendo egli il perno dei nostri studi cristologici, prendiamo in esame gli altri cominciando da Simone e Giacomo il maggiore.

Simone e Giacomo il maggiore: Da Giuseppe Flavio: <<Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro (Tiberio) vennero crocefissi; questi era il Giuda che, come ho spiegato sopra, aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea>>. (Ant. Giud. XX-102).

Giuda: muore in uno scontro armato nel +45 sotto il procuratore Cuspio Fado per aver organizzato una sommossa: "Mentre Fado era procuratore della Giudea, un impostore di nome Taddeo (Theudas) persuase la maggior parte della folla a prendere con se i propri averi e a seguirlo fino al fiume Giordano: diceva infatti di essere un profeta e che a un suo cenno il fiume si sarebbe aperto, offrendo loro facile passaggio. Molti ne ingannò a questo modo. Ma Fado non permise che traessero vantaggio da tale follia e inviò uno squadrone di cavalieri che piombò su di loro all'improvviso: molti furono uccisi e molti presi vivi. Fu fatto prigioniero anche Giuda Taddeo (Theudas), cui fu tagliata la testa e portata a Gerusalemme. (Ant. Giud. XX, 97-99) e (Hist. Eccles. II-12).

Che Giuda detto Taddeo fosse figlio di Giuda il Galileo ci viene confermato anche dagli Atti degli Apostoli, seppure in forma anacronistica, attraverso il discorso di Gamaliele (At. 5-34), e da Luca (6-16) che lo conferma fratello di quel Giacomo figlio di Giuda il Galileo che gli stessi Atti degli Apostoli riconoscono essere stato ucciso nel 44 sotto Erode Antipa per attività sovversiva (At.12-1).

Giacomo il minore: Venne lapidato sotto il procuratore Albino (62-64) perché aveva osannato pubblicamente il Figlio di David: <<Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato il Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati>>. ( Ant. Giud. XX. 200).*

*Già Voltaire così scriveva a proposito di queste espressioni di Flavio Giuseppe riferentesi a Gesù, detto il Cristo, che si trovano su Antichità Giudaiche: <<Se Flavio Giuseppe avesse creduto che si era realizzato un Ciristo, cioè un Messia, sarebbe stato cristiano>> (dizionario filosofico V) allorchè sappiamo che Giuseppe Flavio rimase sempre e comunque un ebreo ortodosso.

L'autenticità di questi passi riguardanti Gesù, detto il Cristo, rimasero in discussione fino a quando gli storici Niese, Norden, Zeitling, Lewy e Schurer non dimostrarono inconfutabilmente che erano dei falsi operati nel IV o da Ambrodio da Milano, che riscrisse le Antichità Giudaiche sotto il nome di Egesippo, oppure da Eusebio di Cesarea che viene chiamato dagli esegeti "Il falsario" per antonomasia.

Come riassunto esplicativo di tale falsificazione riporto un passo dell'esegeta Guy Fau: <<I passaggi riguardanti Gesù, detto il Cristo, appaiono la prima volta nel IV secolo per opera di Eusebio da Cesarea (il falsario) non trovandosi ancora nell'opera Antichità Giudaiche ai tempi di Origene (185-254), poiché è lui stesso che assicura nel suo "Contra Celsum" (I-47), che Giuseppe Flavio non ha mai parlato di un Gesù detto il Cristo. La Falsificazione è quindi così manifesta che la Chiesa stessa non difende più l'autenticità di questi passi di Flavio Giuseppe>>. ( Guy Fau - La Fable de Jesus Christe. III - Le silence des auteurs Juifs).

Menahem: Da "La Guerra Giudaica" di Giuseppe Flavio: <<Fu allora che un certo Manahem, figlio di Giuda detto il Galileo, un dottore assai pericoloso che già dai tempi di Quirino aveva rimproverato ai Giudei di riconoscere la signoria dei romani quando avevano già un Dio come Signore... ". (Guerra Giud. II-17).

Eleazar. Da "La Guerra Giudaica": <<...Eleazar, figlio di Giairo, legato a Menahem da vincoli di parentela, che in seguito fu capo della resistenza a Masada" (Guerra Giud. II-17)

Se sostengo che Eleazaro è figlio di Giuda e non di Giairo, come si trova scritto su questo passo di Giuseppe Flavio nel quale risulta comunque essere legato a Menahem da vincoli di parentela, è perché il fatto così come è riportato da Giuseppe Flavio dimostra chiaramente che siamo ancora una volta davanti ad una manipolazione operata dai falsari.

<< Fu allora che un certo Menahem, figlio di Giuda detto il Galileo, dopo aver attaccato Masada, ritornato a Gerusalemme, assunto il comando della ribellione, prese a dirigere l'assedio. Ma contro di lui si levarono i partigiani di Eleazaro, ripetendosi l'uno all'altro che non era il caso di avere un padrone che, anche se non aveva fatto nulla di male, era inferiore a loro. Così si misero d'accordo e lo assalirono nel tempio; vi si era infatti recato a pregare in gran pompa, ornato della veste regia e avendo i suoi seguaci più fanatici come guardia del corpo. Come gli uomini di Eleazar si furono scagliati su di lui, anche il resto del popolo tutto infuriato afferrò delle pietre e si diede a colpire il dottore, ritenendo che, levatolo di mezzo, sarebbe cessata la rivolta. Gli uomini di Menahem fecero un po' di resistenza, ma quando videro che tutta la folla era contro di loro, fuggirono dove ognuno poté, e allora seguì una strage di quelli che avevano presi e una caccia a quelli che si nascondevano. Pochi trovarono scampo rifugiandosi nascostamente a Masada, e fra questi Eleazar figlio di Giairo, legato a Menahem da vincoli di parentela, che in seguito fu capo della resistenza di Masada. Quanto a Menahem, che era scappato nel quartiere detto Ofel e vi si era vigliaccamente nascosto, fu preso, tirato fuori e dopo molti supplizi ucciso, e così pure i suoi luogotenenti e Abasalon, il principale ministro della sua tirannide>>.

A parte il fatto che la descrizione della vicenda è riportata con tanta confusione da portarci subito a pensare che sia stata eseguita più da imbroglioni che hanno come scopo quello nascondere una chiarezza che gli sarebbe stata nemica, che da uno scrittore colto e preciso come poteva essere Giuseppe Flavio che per la sua serietà era stato eletto da Roma storico ufficiale dell'Impero, per me non ci sono dubbi che siamo di fronte a una rivendicazione ereditaria promossa da Eleazaro contro il fratello Menahem che si era istallato sul trono di Gerusalemme con tanto di corte, di sacerdoti, di luogotenenti e ministri. Una contesa fra fratelli identica alle tante altre che si succedono nella storia dei discendenti di David, come quella che ci fu tra Aristobulo II e Ircano II, loro antenati, al tempo dell'occupazione della Palestina da Parte di Pompeo (Leggi la Favola di Cristo). Sapendo che secondo i principi religiosi e politici giudaici i pretendenti al trono di Gerusalemme potevano essere soltanto gli appartenenti alla famiglia ritenuta diretta discendente della stirpe di David, e come tale era riconosciuta soltanto quella di Giuda il Galileo, non si può dedurre altro che Menahem e Eleazaro erano fratelli. Nessun altro avrebbe potuto accampare un diritto sul trono di Gerusalemme considerando che tutta la rivendicazione Giudaica della Palestina era basata sull'attesa di un Messia che secondo le profezie doveva provenire dalla stirpe di David, quella stirpe che fu riconosciuta dai giudei nella casta degli Asmonei fondata da Simone figlio di Mattatia il maccabeo ascendente di Ezechia, padre di Giuda il Galileo. Gli stessi vangeli, sostenendo che Gesù era il messia discendente di David, confermano l'esigenza di questo presupposto per esseree dichiarato il Messia, cioè il re dei Giudei.

A questo punto, stabilito che Simone, Giacomo il maggiore, Giuda e Giacomo, quali figli di Giuda il Galileo, furono tutti impegnati nella lotta contro i romani per la rivendicazione dei diritti al trono di Gerusalemme, cerchiamo ora di scoprire, attraverso le testimonianze che ci vengono dagli storici del tempo e da documenti scritti in greco che precedettero i vangeli canonici, se i figli di Giuda fossero o no gli stessi discepoli di Gesù.

Gli apostoli di Gesù

La prima cosa che veniamo a sapere degli apostoli di Gesù, da quanto risulta dal "Novum Testamentum Graece et Latine" e dallo stesso vangelo di Marco, è che si chiamavano Boanerghes, cioè "Figli del Tuono".

<<Pietro, come tutti gli altri apostoli, era definito Figlio del Tuono>> (Nov.Test. Gr. et Lat.). <<Giacomo e Giovanni ai quali Gesù diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>>.(Mc.3,17).

Qualificati così gli apostoli di Gesù con l'appellativo di Boanerghes, il cui significato di "Figli del tuono" ci predispone ad immaginarli più come dei rivoluzionari che come apostoli predicatori di fratellanza e di perdono, passiamo ora ad esaminarli uno per uno attraverso quanto risulta dai quei documenti che furono scritti prima dei vangeli canonici che la Chiesa ha dichiarato falsi (apocrifi) perché contrastanti con i suoi quattro vangeli Canonici e i suoi Atti degli Apostoli che essa impone dogmaticamente come gli unici a dire la verità.

(1) Simone, primo apostolo

Il Simone apostolo risulta avere tre appellativi: Bariona, Cananites e Kefas (Nov. Test. Graece et Latine).

Il significato di questi appellativi è il seguente: Bariona (ßa????a ) ? la traduzione in greco della parola Barjona, che in aramaico (lingua parlata in Palestina durante l'occupazione romana) significava "Partigiano alla macchia" cioè latitante o ricercato, Cananites, è la traduzione in greco dell'ebraico "qanana", che corrisponde a zelota, cioè rivoluzionario oltranzista, e Kefas che gli fu dato per la sua corporatura muscolosa e massiccia che lo faceva somigliare a una roccia.

(2) Giacomo il Maggiore

Sulla natura zelota di questo apostolo non ci possono essere dubbi sapendo che:

a) era il fratello di Simone Barjona detto Zelota o Cananite.
b) sotto Tiberio Alessandro fu arrestato nel 46 insieme al fratello Simone e giustiziato come sobillatore del popolo ( At. 12).
c) la sua partecipazione alla banda dei Boanerghes viene confermata anche dai vangeli canonici: <<...poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>> (Mc. 3-17).
d) è associato, nelle accuse che gli vengono rivolte dal sinedrio nella persona di Gamaliele, al rivoluzionario Theudas (Giuda Taddeo), che fu decapitato da Cuspio Fado nel 44 quale promotore di una rivolta, e a Giuda il Galileo, anche se in maniera anacronistica, capo della Guerra del Censimento (At. 5-34).

(3) Giovanni

Che Giovanni sia anche lui un Boanerghes, oltre che dalle prove che ci vengono dalla fratellanza con gli altri appartenenti a questa banda, ci viene confermato da Marco che lo qualifica tale. (Mc. 3-17). 8Vedi Giacomo il maggiore.

(4) Giuda non l'iscariota

Apprendendo dal Novum Testamentum che Giuda l'apostolo, oltre che all'appellativo di zelota, aveva anche quelli di Thomas, che significa gemello, e quello di Theudas, che significa coraggioso, cos'altro si può dedurre se non che sia lo stesso Giuda Theudas, figlio di Giuda il Galileo, che fu ucciso per decapitazione sotto Cuspio Fado per essersi messo a capo di una rivolta? (Ant. Giud. XX -97, 99).

Se il soprannome di Theudas lo ebbe come riconoscimento di una particolare audacia, il secondo, quello di Thomas, che significa "gemello", lo ebbe per la forte somiglianza che aveva con il fratello Giacomo.

Che Thomas e Theudas fossero i soprannomi di Giuda, fratello di Gesù (da non confondersi con Giuda Iscariota), oltre che dal Nov. Test. ci viene confermato anche dagli Atti di Tommaso (Apocrifi) e da Eusebio da Cesarea (Hist. Heccl. I- 11,13).

(5) Giacomo il minore

Se per il Giacomo il minore, come discepolo di Gesù, non ci sono documenti che lo chiamino direttamente "zelota", egli non può essere che tale sapendo che appartiene alla banda dei Boanerghes e che fu ucciso nel 64 sotto il procuratore Albino per lapidazione da parte dei sadducei, nemici acerrimi del movimento rivoluzionario giudaico, per aver "osannato pubblicamente il figlio di David", quel figlio di David che, quale Messia erede al trono di Gerusalemme, avrebbe presto liberato la Palestina dall'invasione romana (Hist. Eccl. II-23).

(6) Simone lo zelota

Sulla natura zelota di questo apostolo non ci possono essere dubbi dal momento che anche la Chiesa lo riconosce tale attraverso l'affermazione che ne danno gli stessi vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli: "Tra i discepoli ce n'era uno di nome Simone, soprannominato zelota". (Lc. 6/15).

"Tra i discepoli ce ne era uno che si chiamava Simone lo Zelota". (At.I-13).

(7) Giuda Iscariota

L'appellativo di Iscariota (dall'ebraico Ekariot, che significa sicario), veniva dato agli zeloti più oltranzisti i quali eseguivano azioni di terrorismo anche in forma isolata. Di costoro così scrive Giuseppe Flavio: <<In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini i pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questo colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitvano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili>>.(Guerra Giudaica II- 12).

Fatta questa analisi dei discepoli di Gesù dalla quale risulta che essi erano gli stessi che componevano la squadra di combattenti Yavisti figli di Giuda il Galileo (stessi nomi, entrambi Galilei, Boanerghes e zeloti, morti negli stessi periodi), prima di passare alla dimostrazione di come i falsari agirono singolarmente su di essi per trasformarli da combattenti rivoluzionari in predicatori di pace, facciamo un confronto tra il comportamento delle bande rivoluzionarie-oltranziste dell'epoca, alle quali apparteneva quella dei Boanerghes, e la squadra formata dai cosiddetti apostoli evangelici per confermarci nella conclusione a cui siamo arrivati. Tale confronto ci sarà anche particolarmente utile per comprendere alcuni passi evangelici il cui significato ci veniva sempre nascosto dalle risposte balbettanti e confuse dei preti allorché ne chiedevamo la spiegazione.

Bande dei rivoluzionari secondo gli storici dell'epoca:

<< Se non ricevevano quanto chiedevano, incendiavano le case di coloro che si rifiutavano e poi uccidevano i capi con le loro famiglie>> Filone Alessandrino.

<<Distribuiti in squadre, saccheggiavano le case dei signori che poi uccidevano, e davano alle fiamme i villaggi si che la Giudea fu piena delle loro gesta efferate>>. (Guerra Giudaica II-12).

In un passo riguardante Giuda il Galileo (padre dei Boanerghes), così Giuseppe Flavio parla degli esseno-zeloti: <<I più straordinari generi di morte, i supplizi dei loro parenti e amici li lasciavano indifferenti...>>. (Ant. Giud. II-4).

Dal Libro (rotolo) della Guerra degli esseno-zeloti: <<Nel giorno in cui i Kittim (romani) cadranno vi sarà un combattimento e una grande strage al cospetto del Dio d'Israele; giacché questo è il giorno da lui determinato per la guerra di stermino dei figli delle tenebre nel quale saranno impegnati in una grande strage di fuoco sulla terra>>.

Squadra degli apostoli (Boanerghes) secondo i vangeli:

All'ultima cena, in seguito all'esortazione di munirsi di spade, i Boanerghes rassicurano il loro capo (Gesù) di esserne abbondantemente provvisti: << L'ora è venuta, chi non ha una spada venda il mantello e ne compri una>> ed essi dissero: <<Signore ecco qui due spade>> (Lc. 22-36,38).

Si recano all'Orto degli Ulivi armati di spade: <<Allora quelli che erano con Gesù, vedendo ciò che stava per accadere, dissero, dobbiamo colpire con le spade?>> (Lc. 22-49).

Fanno uso della spada contro i soldati romani e le guardie del Tempio che erano andate ad arrestarli: << Ed ecco che uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio>> (Mt. 26-51; Mc. 14-17; Gv. 18-10).

Il capo dei Boanerghes (Gesù) dichiara ripetutamente nella forma più esplicita il suo programma di guerra esseno-zelota <<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre: Padre contro figlio, figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, nuora contro suocera e suocera contro nuora>> Lc.12-49).

<<Quei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me>> (Lc. 19-11; Parabola delle mine nella quale Gesù impersonifica se stesso in un uomo di nobile stirpe, come lo era lui quale discendente di David, che punisce coloro che non gli hanno dato ciò che gli spetta).

<< Signore, vuoi che facciamo scendere un fuoco dal cielo e li consumi?>> ( Lc.9-54) chiesero gli apostoli a Gesù riferendosi ad un villaggio di Samaritani che si era rifiutato di riceverli.

Basta sostituire le spade che erano l'arma di quei tempi, con i Kalaschnikof di oggi, per toglierci ogni eventuale perplessità che possiamo ancora avere sulla natura rivoluzionaria di coloro che la Chiesa dichiara divulgatori della buona novella, cioè di quei Santi discepoli sui quali è stata basata la morale cristiana.

Trasformazioni da banditi in Santi Apostoli

(I) Simone Kefas, barjona, cananite in Simone Pietro, figlio di Giona, nato a Cana.

L'appellativo barjona che in aramaico, come abbiamo visto, significa “latitante alla macchia”, che nelle primissime versioni greche era stato riportato nel suo vero significato con la parola bariona (ßa????a ), come nel Novum Testamentum Graece et Latinae, fu diviso dai falsari nei loro scritti in greco in due parole, cioè in bar e iona (ßa? ???a) affinch? la parola bar, che in aramaico significa "figlio", potesse trasformare il significato di latitante, scrivendo iona con la lettera maiuscola, in "figlio di Iona".

Che questa trasformazione sia intenzionalmente fraudolenta lo dimostra il fatto che la parola bar, riferentesi a “figlio di”, la troviamo, nei testi contraffatti dai falsari, soltanto nelle espressioni che si riferiscono a Simone ( S?µ?? ßa? I??a ), mentre in tutti gli altri casi ? correttamente scritta con la giusta parola greca "uios", come Giuseppe figlio di David (I?s?f ???? ?a??d ), Zaccaria figlio di Baracchia ( vang. greco Mt. 1-20; 23-35; vang.greco di Lc.19-9).

Insomma, per spiegarci meglio, diremo che nei testi greci contraffatti, tra tutte le parole scritte in greco, appare ridicolmente questa parola "Bar" scritta in aramaico che nelle traduzioni latine sparisce per trasformarsi magicamente in "filius" (filius Jonae), cioè in quel figlio di Giona, primo apostolo, sul quale Gesù edificherà la sua Chiesa: << Tu, Simone (barjiona = bar iona = bar Iona = filius Jonae ) figlio di Giona, ti chiamerai Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa>> .

Frase questa che contiene un'ulteriore contraffazione, cioè quella che i falsari operarono trasferendo nella pietra, su cui è stata simbolicamente edificata la Chiesa, quel significato di "roccia" che era riferito a Simone per la sua corporatura massiccia e per quel carattere violento che gli viene attribuito, come vedremo, sia dai documenti apocrifi che dagli stessi vangeli canonici.

E così, come ricorsero all'espediente geografico per far sparire il significato di rivoluzionario che era nell'appellativo "Galilei", dichiarando i discepoli di Gesù nativi della Galilea quando invece lo erano della Golanite, altrettanto fecero per l'appellativo "cananites" (qanana = zelota) che fecero dipendere dalla città di Cana. Tutte attribuzioni che risulteranno false allorché dimostreremo che l'origine dei fratelli che componevano la banda dei Boanerges non avevano nulla a che vedere né con la Galilea, né tanto meno con la città di Cana, perché nativi della regione del Golan che si trovava nella parte opposta della Galilea, cioè a Est del lago di Tiberiade.

Ma per quanto abbiano falsificato i documenti per rendere Simone Pietro un predicatore della "Buona Novella", la sua vera figura di rivoluzionario ci appare comunque, dai fatti riportati su di lui sia dai documenti apocrifi che dagli stessi vangeli, in tutta la sua violenza di combattente Yavista.

1) Litiga con tutte le Eklesie del Medioriente e con lo stesso S. Paolo di Tarso perché si opponevano alla sua politica razzista che era contraria all'ammissione dei pagani nelle comunità esseno-giudaiche (sono le Eklesie esseno-zelote che la Chiesa vuol far passare per cristiane). Leggi La Favola di Cristo.

2) Uccide con la spada due coniugi, Anania e Zaffira, perché non avevano versato alla comunità l'intero ricavato della vendita di un loro terreno. (At. 5 ).

3) Taglia con un colpo di spada un orecchio ad una guardia del Tempio nell'Orto degli Ulivi (Gv. 18,10).

4) Dal vangelo di Maria di Magdala (apocrifo): <<Un apostolo di nome Levi, prendendo le difese di Maria contro la quale Simone aveva inveito con espressioni di ira cariche di violenza, si rivolge a lui dicendogli: <<Tu sei sempre irruente, Pietro! Ora vedo che ti scagli contro la donna come fanno i tuoi avversari>>.

(2) Giacomo detto il Maggiore da rivoluzionario a martire della Chiesa

Dichiarato Boanerghes nei documenti apocrifi e confermato tale insieme a suo fratello Giovanni sia negli Atti degli Apostoli che nei vangeli canonici: <<Giacomo e suo fratello Giovanni, ai quali Gesù dette il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>>. (Mc. 3-16), viene riscattato dalla Chiesa della sua natura zelota dicendo che se Gesù lo aveva chiamato Boanerghes, cioè figlio del tuono, ciò era dipeso dal fatto che egli parlava con un'alta tonalità di voce (chiedetelo ai preti se è vero!).

La morte di Giacomo il maggiore, arrestato insieme al fratello Simone dai romani per il reato di istigazione alla rivolta, avvenuta sotto il procuratore Tiberio Alessandro, viene confermata dagli Atti degli Apostoli, con la differenza che invece di riportarla nel 46, come viene affermato da Giuseppe Flavio, essi la datano all'anno 44 quando ancora era tetrarca della Galilea e Golanite Erode Agrippa: <<In quel tempo ( anno 44) il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito ai giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli azimi. Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua>>. (At: 12- 1,2).

I motivi per cui i falsari anticiparono di due anni l'arresto dei due fratelli Giacomo e Simone furono due: primo, se li avessero fatti arrestare dai romani, non avrebbero potuto sostenere che Giacomo era morto per motivi religiosi dal momento che questi, lasciando la massima libertà di ogni culto, se emettevano condanne di morte era soltanto per gravi reati penali tra i quali uno dei peggiori era l'istigazione alla rivolta, mentre facendo arrestare da Erode Agrippa che era un ebreo, avrebbero potuto dire egli era stato condannato secondo la legge ebraica che, a differenza di quella romana, considerava la contestazione religiosa un reato punibile con la morte.

Esplicazione per i credenti duri di cervice: Se Giacomo è condannato a morte dai romani per sobillazione, come dice Giuseppe Flavio, non può essere che un rivoluzionario zelota, se Giacomo è condannato invece da un tetrarca ebreo per contestazione religiosa diventa un martire religioso.

L'altro motivo, cioè il secondo, è il seguente: Facendo arrestare Simone non contemporaneamente a Giacomo, come viene affermato da Giuseppe Flavio, ma soltanto qualche tempo dopo Giacomo, non solo avrebbero potuto sfruttare anche per lui la stessa legge ebraica che considerava reato punibile di morte la contestazione religiosa, ma anche un'altra legge ebraica che impediva di celebrare i processi durante il periodo degli azimi, cioè durante i giorni di Pasqua. Per cui, Simone Pietro, invece di essere processato e ucciso subito dopo l'arresto come era avvenuto per Giacomo, fu messo in prigione in attesa che finissero gli azimi in modo che si potesse verificare, nel frattempo, la sua liberazione per l'intervento di un angelo inviato dal Signore dietro sollecitazione di preghiere.

<<Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessante a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce lo folgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: <<Alzati in fretta!>>. E le catene gli caddero dalle mani. E l'angelo a lui: <<mettiti la cintura e legati i sandali>>. E così fece. L'angelo disse: <<Avvolgiti il mantello, e seguimi!>>. Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere sognato>>. (At.12- 3 e segg.).

Intanto che ridiamo nel constatare che tutta l'impalcatura del Cristianesimo è basata su una favoletta, un interrogativo ci sorge spontaneo: Perché tutta questa intransigenza sul rispetto della legge ebraica che impediva i processi durante le feste di Pasqua che è stata applicata nella favola di Simone Pietro, non è stata applicata anche nell'altra favola che riguarda il processo di Gesù che invece fu fatto giudicare nei giorni Pasqua da un tribunale ebraico oltre che da quello romano.

Lo sapremo nelle prossime puntate!

(3) Giovanni

Essendo il personaggio base dei nostri studi, lasciamolo per il momento da parte accontentandoci di confermare che, quale fratello di Giacomo il maggiore cananite, di Simone barjona, di Giuda taddeo e di Giacomo il minore lo zelota e membro della banda dei Galilei Boanerghes che si era recatati all'orto degli ulivi armati di spade, non poteva essere anche lui che un terrorista oltranzista.

(4) Giuda non Iscariote

La trasformazione di Giuda rivoluzionario in Giuda apostolo fu eseguita sopprimendo gli appellativi ebraici Theudas (coraggioso) e Thomas (gemello), con i quali veniva presentato nei testi storici come combattente rivoluzionario. (Ant. Giud. XX -97, 99 - Hist.Eccl. II - 12 (precedentemente già citate).

Praticamente trasformarono gli appellativi, come tali risultano ancora nei primissimi documenti, quali il vangelo Capto (incipit), gli atti di Tommaso e il Novum Testamentum Graece et Latinae, in altrettanti nomi propri traducendo "Joudas detto theudas che significa coraggioso" e "Joudas detto thomas che significa gemello" in " Theudas detto il coraggioso" e "Thomas detto il gemello".

Il trucco appare evidente allorché rimarchiamo che gli appellativi, lasciati in greco secondo la pronuncia ebraica, prendendo la lettera maiuscola diventano nomi propri in sostituzione del vero nome che era Joudas.

La conseguenza che ne derivò fu che Theudas e Thomas, da soprannomi attribuiti a Giuda, si trasformarono nei nomi di due discepoli mai esistiti: Theudas (Taddeo) e Thomas (Tommaso)-

La prova di questa manipolazione, oltre che dall'esame dei documenti apocrifi, ci viene anche dall'analisi delle traduzioni: prendiamo come esempio "Joudas detto thomas che significa gemello" che fu scritta tutta in greco meno che l'appellativo Thomas che fu lasciato appositamente in ebraico perché assumesse il valore di nome proprio. Siccome in greco gemello si traduce con didimos (??d?µ?? ) la frase che risult? fu la seguente: "Tomas detto didimos" ( T?µa? ? ?e??µe??? ??d?µ?? ) che a sua volta fu tradotta in latino, la lingua salva imbrogli come ? stata chiamata da qualche esegeta, con "Thomasus dictus didimus" dalla quale sono derivate poi le traduzioni nelle lingue moderne: <<Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse ai condiscepoli: <<Andiamo anche noi a morire con lui!>> (Gv. XI- 16). Sapendo che thomas e didimo significano entrambe gemello, la prima in ebraico e la seconda in greco, l'espressione riportata dai vangeli, oltre che a confermarci la manipolazione dei falsari, ci fa anche ridere dal momento che tradotta significa "Gemello chiamato Gemello ".

Se ci fossero ancora dei dubbi sul fatto che Giuda e Taddeo siano nomi riferentisi alla stessa persona, per toglierli basta confrontare le liste degli apostoli riportate dai testi sacri dove il Giuda nominato da Marco e Matteo, viene sostituito da Taddeo in Luca e negli Atti degli Apostoli. (vedi elenco discepoli riportato all'inizio di questa esposizione).

(5) Giuda l'Iscariota

Giuda l'iscariota è certamente il personaggio più elaborato fra tutti i discepoli. Se gli fu lasciato il suo vero nome ciò dipese dal fatto che, essendo egli il solo di origine giudaica tra tutti gli altri dichiarati galilei, si prestava a fomentare, con il tradimento che gli fu attribuito, l'odio verso i giudei che secondo la Chiesa dovevano risultare gli assassini di Cristo. Anche se per Giuda furono usati gli epiteti più infamanti, si cercò comunque di nettarlo della natura di terrorista che gli veniva dall'appellativo Iscariota perché, significando sicario, avrebbe compromesso tutti gli sforzi tesi per trasformare una banda di rivoluzionari in un gruppo di apostoli predicatori di pace.

Ricorrendo ancora alla geografia, come avevano fatto con la città di Cana per trasformare Cananite (zelota) in cananeo e con la regione della Galilea per nascondere il significato rivoluzionario dell'appellativo "galileo", fecero derivare iscariota, in ebraico ekariot che significa sicario, dalla città di Keriot dicendo che questo era il suo paese nativo. Trasformazione che se fece ridere ancora una volta i loro avversari pagani ed ebrei (come fa ridere anche noi), non fu tanto per l'evidente trucco che avevano usato ancora una volta ricorrendo alla geografia, quanto perché questa città, la città di Keriot, non era mai esistita.

(6) Simone il cananeo

Per eliminare la natura rivoluzionaria di questo apostolo che gli stessi testi sacri dichiarano zelota (Mc. 3-18; Matteo 10-4; Lc.6-15; At.1-13), la Chiesa, approfittando dell'ignoranza altrui, risponde candidamente, attraverso i sorrisi ipocriti caratteristici dei preti e dei frati, a chi gli chiede spiegazioni su questa parola, che essa significa zelante d'amore verso Dio.

Luigi Cascioli